Caro volontario,

ti dico subito che mi sei antipatico. Ho disagio per la tua ipocrisia. Ti spacci per salvatore e non lo sei. Ti vanti di non prendere soldi e spesso non è vero.

Ti presenti come un signore che fa le buone azioni, senza avere tuoi interessi. Ed invece, spesso propagandi la tua fede ed imponi i tuoi comandamenti.

Caro volontario,

essere volontario non significa assenza di danaro. Non è scandaloso vivere del proprio lavoro. Essere volontario significa avere un’anima. Il volontario è un signore che ha un’anima.

È un signore che ogni giorno sente una terribile domanda:

“Caino, dov’è tuo fratello Abele?”

E cerca con tormento una risposta. È un signore che vede un passante ferito. Lo prende con sé e lo aiuta a guarire. Paga per lui.

È un signore che ha due mani. Con una mano dà un aiuto. Con l’altra mano fa la rivoluzione.

Caro volontario,

i lunghi anni vissuti con i drogati mi hanno liberato da fantasie romantiche e retoriche su di te. Tu non sei un intellettuale del dolore, tu non sei un commerciante del dolore, tu sei un convivente.

Tu vivi con le persone che stanno male. Tu vivi con le persone che hanno un bisogno. Tu hai l’anima del convivente.

Il volontario è una presenza. Concreta, fisica, di contatto, di contagio.

Caro volontario,

non ti bisticciare con i soldi.

Se hai l’anima, i soldi non sporcano la tua anima.

Se non hai un’anima i soldi sono un imbroglio e tu sei un imbroglione.

E devo dirti la verità: conosco tanti, tanti volontari imbroglioni.

Forse per questo i volontari suscitano in me antipatia e sospetto.

L’umanità non ha bisogno di imbroglioni con il vestito di prima comunione.

La solidarietà deve essere vera, pulita, asciutta, non retorica, non carica di parole.

Le parole sono la droga dei volontari.

Libri, articoli, discorsi. Per capire il vuoto di progetti e di azioni.

Caro volontario, i volontari più belli sono quelli invisibili. Piccoli ed invisibili. Come quel dio nascosto in una bottega, in una falegnameria polverosa, per trenta anni.

Lo so, era Dio.

Ma il volontario che ha un anima assomiglia a Dio. Qualsiasi dio.

Quello nero. Quello rosso. Quello giallo. Quello arancione.

Dio, se c’è, non ha colori.

Dio è nudo.

Ed il volontario è un guerriero del dio nudo.

Ho cercato tra i miei ricordi un volto, una storia che potesse raccontare plasticamente la figura del volontario.

Nell’inverno del 1974 Werner Herzog, regista, tedesco, viene a sapere che la sua amica, Lotte Eisner, sta male. Tanto male, sta per morire.

Herzog decide di andare da lei, a Parigi. Lui era a Monaco. A piedi.

Perché convinto che lei sarebbe rimasto in vita ad aspettarlo.

Un modo per costringerla a vivere ancora!

Attraversare l’Europa, a piedi, per un’amica malata è un gesto tenero, per tenerla in vita e per stabilire con lei un rapporto di dolore e di fatica.

Caro volontario, non ti racconto cosa avvenne quando i due si incontrarono!

Per ora , basta dirti che mi sei molto antipatico.

Carlo Petrella (Resp. Locanda del Gigante, Acerra)

CITAZIONI

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